Fabio Casulli photographer


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La gestione del colore

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La gestione del colore
Quante volte ci siamo chiesti se la foto che vediamo a schermo è quella "vera" o meno. Quante volte ci siamo chiesti perché la foto stampata è diversa da quella dello schermo. La gestione del colore è un argomento complesso, ma la cui comprensione è imprescindibile per il controllo sul processo che va dallo scatto alla stampa. Ogni appassionato di fotografia dovrebbe avere un'infarinatura sull'argomento, perché anche la sola visione della foto a schermo è influenzata dalla gestione del colore. I colori che le fotocamere, i monitor e le stampanti sono in grado di vedere e gestire sono milioni, ma non è detto che siano gli stessi. Questa è la difficoltà. Ecco come venire a capo del problema. Non pretendo di esaurire in un breve articolo un argomento così vasto e difficile, che vede addirittura figure professionali che si dedicano esclusivamente a questo; ci vorrebbero volumi interi a esaurirlo, e io non sarei in grado di farlo. Ma un'infarinatura è meglio che il digiuno.
Gli elementi indispensabili da conoscere sono:
- modelli di colore
- profondità di colore
- profili ICC
- sistema di gestione del colore
- spazio di colore
- intenti di rendering
- creazione di profili

Modelli di colore.

Un modello di colore usa valori numerici per definire i colori di un'immagine.
Quelli più usati sono: RGB, LAB, CMYK, Scala di grigio.

RGB.
Red, Green, Blue: rosso, verde e blu. Il modello RGB si basa sui colori primari. Ciascuno di questi è suddiviso in 256 livelli di fumature. Quando i valori RGB sono 0, 0, 0, si avrà il nero, se sono 255, 255, 255, il bianco. Per questo si parla di metodo additivo, perché la somma del massimo valore di ciascuno dà il bianco. Tutti i colori sono definiti dalla combinazione di valori dei tre colori primari. Il giallo puro, per esempio, corrisponde alla somma di rosso e verde, dunque in RGB è 255, 255, 0. I grigi, naturalmente, hanno tutti e tre i valori uguali. Non è un metodo in grado di descrivere in maniera assoluta un colore, ma lo descrive sempre in relazione a uno spazio di colore (vedi più avanti) e al dispositivo usato. Essendo molto intuitivo, è il metodo più usato in fotografia.

LAB.
Il metodo LAB separa il valore della luminosità da quello dei colori. Lo si può visualizzare immaginando un grafico cartesiano. Sull'asse delle x, in questo caso chiamato A, le ascisse, ci sono, per tutti i valori positivi, le tonalità di rosso, dal grigio al rosso puro, per quelli negativi quelle di verde. Sulle y, chiamato asse B, le ordinate, per i valori positivi il giallo, per i negativi il blu. Ora si aggiunga un asse z, perpendicolare ai primi, con valori che vanno dallo 0, nero, al 100, il bianco. In questo modo ogni colore è definito dalla combinazione delle coordinate a e b, e dalla quantità di luce, da 0 a 100. E' un metodo assoluto, indipendente dal dispositivo. Pur basandosi sulla percezione umana non si usa direttamente in fotografia. Lo usano, proprio per la sua assolutezza, i sistemi che gestiscono il colore come spazio intermedio nella conversione tra spazi differenti.

CMYK.
Nel modello CMYK i colori primari sono ciano (C), magenta (M) e giallo (Yellow, giallo in inglese). Si usa in stampa, perché i colori che vediamo risultano dall'assorbimento di una parte della luce, e la riflessione della restante parte. Si parla di metodo sottrattivo proprio perché un colore assorbe una parte della luce. Mischiando due o più di questi colori si ottengono tutte le altre sfumature. In teoria mischiandoli tutti il risultato dovrebbe dare nero; in stampa questo non accade per delle impurità dell'inchiostro; per questo la somma di inchiostri CMY dà un brutto marrone scuro. Questo ha reso necessario aggiungere il nero a parte, detto K da Key Color, colore chiave. Anche se le stampanti usano inchiostri CMYK, i driver provvedono a tradurre l'informazione colore RGB che noi vediamo nella nostra interfaccia utente. Non conviene lavorare in CMYK per molti motivi; i file sono più grandi, perché devono contenere quattro valori invece che i tre dell'RGB, perché alcuni filtri in questa modalità non funzionano e perché gli spazi che si basano su questo metodo hanno meno colori dell'RGB. Infatti nella conversione da RGB a CMYK alcuni colori vanno persi. Inoltre sia i laboratori che le presentazioni a video richiedono il modello RGB.

Scala di grigio.
Anche se i programmi di fotoritocco supportano immagini in scala di grigio, non conviene usarla. Volendo ottenere una foto in bianco e nero, infatti, partendo da un'immagine a colori in RGB, il colore di un gruppo di pixel è descritto da tre valori. Se partiamo da una foto scattata in scala di grigio lo stesso gruppo di pixel è descritto solo da un valore di luminosità. E' ovvio che è meglio elaborare un'immagine che ha il triplo di informazioni. Per questo in digitale è meglio scattare sempre a colori ed elaborare dopo in bianco e nero.

Profondità di colore.

Nell'ambito del modello RGB, la profondità di colore riporta il numero di sfumature presenti in ciascuno dei colori primari. Esistono 3 livelli: 8, 16 o 32 bit. La profondità a 8 bit ha 256 sfumature per canale, cioé 256 sfumature di rosso, 256 di verde e 256 di blu. Il totale di sfumature di colore risulterà quindi dalla moltiplicazione 256x256x256=16.777.216 colori. Con la profondità di 16 bit il numero di sfumature è 256x256=65.536 sfumature per ogni canale, per un numero teorico di colori di oltre 281 mila miliardi. I nostri occhi, in realtà, hanno una sensibilità ai colori di poco inferiore a 8 bit, che in condizioni di scarsa luminosità possono essere ancora meno. 16 bit sono utili per la libertà di elaborazione che così tante sfumature offrono. Non sono mai inutili; un file a 16 bit è come un negativo fotografico, contiene tutte le informazioni possibili in termini di luminosità e tonalità. Una foto a 16 bit può essere anche pesantemente elaborata senza temere strani effetti. Si pensi che in astronomia i file sono a 32 bit, una profondità supportata per altro da Photoshop, proprio per le pesanti elaborazioni che oggetti così deboli richiedono.

Profili ICC.

Il profilo ICC descrive la gamma di colori di un dispositivo. Se si tratta di un dispossitivo di input registra i valori di un colore percepito, se è un dispositivo di output specifica i valori da inviare per creare un determinato colore. In questo modo si può dire che i profili ICC, quello del dispositivo in entrata (per esempio monitor) e quello del dispositivo in uscita (per esempio stampante), siano due tappe importanti per la traduzione di un colore da un dispositivo a un altro.

Sistema di gestione del colore.

Il sistema di gestione del colore è un insieme di moduli di programmi che attuano la conversione vera e propria del colore da un dispositivo a un altro. Usando il profilo ICC il modulo traduce i valori di colore dell'immagine nello spazio LAB, che è uno spazio di colore indipendente dal dispositivo, assoluto. Poi i valori LAB sono convertiti usando il profilo ICC del dispositivo di destinazione nello spazio di colore di questo dispositivo. Se il colore non è disponibile nel nuovo spazio di colore, per riprodurlo il sistema di gestione del colore si basa sugli intenti di rendering (vedi più avanti), cioé su delle indicazioni generiche di principio da seguire nella traduzione del colore assente in quello nuovo.
Molte applicazioni, come Photoshop, supportano la gestione del colore. In questo caso è possibile che le informazioni del profilo ICC siano incorporate nel file immagine, ma solo se è un file TIFF o JPEG.



Spazi di colore.

Ogni singolo dispositivo ha quindi il suo spazio di colore, cioé una gamma di colori in grado di essere registrati o riprodotti, che può differire non solo da un esemplare all'altro dello stesso modello, ma anche nell'ambito dello stesso esemplare, come nel caso dei monitor, da un mese all'altro. Sebbene sia teoricamente possibile usando profili e sistema di gestione del colore gestire tutti questi spazi diversi, nella pratica risulterebbe scomdo, complesso. Per questo sono stati creati spazi di colore virtuali, che non corrispondono a nessun dispositivo reale, concreto, ma al quale i dispositivi fanno riferimento. Ne esistono vari per ciascun modello di colore, RGB, CMYK e LAB. Hanno una gamma cromatica molto varia e si usano per scopi diversi. I più usati sono: SRGB, Adobe RGB (1998), Pro Photo RGB, ECI-RGB.

SRGB.
E' uno spazio di colore concepito per i monitor, che raramente riescono a riprodurre spazi più ampi. Se, per questo motivo, risulta comodo per le foto da mettere sul Web, dall'altra è sconsigliabile in tutte le altre situazioni, perché sia le macchine fotografiche che le stampanti sono in grado di riprodurre spazi più ampi.

Adobe RGB (1998).
E' il più usato; è più ampio di SRGB, e copre quasi tutti i colori registrabili dalle fotocamere e stampabili dalle stampanti migliori. Sul mercato esistono ormai anche monitor che, a prezzi tutto sommato ragionevoli rispetto al passato, permettono di coprire quasi tutto questo spazio di colore.

Pro Photo RGB.
Introdotto dalla Kodak, è l'unico spazio in grado di contenere tutti i colori registrasbili dalle migliori reflex.

ECI-RGB.
Introdotto da un gruppo di aziende europee, è l'unico che copre tutti i colori riproducibili da molte stampanti. E' più ampio di Adobe RGB (1998), soprattutto sui verdi.

Considerazioni.
Come destreggiarsi in questa selva di colori? Per decidere bisogna chiedersi su quale principio basare la propria scelta. Si può scegliere di mantenere su tutti i dispositivi uno spazio ristretto, SRGB, quello del nostro monitor, se questo per noi è abbastanza, tenendo conto che rinunciamo a molte tonalità, su tutto lo spettro. Oppure possiamo mantenere su tutti i dispositivi lo stesso spazio ampio, Adobe RGB (1998), dedicando, magari non tutto e subito, parte del budget di spesa a periferiche di buona qualità, monitor e stampanti. Il mantenimento dello stesso spazio è importante per evitare grossi scostamenti, ma possiamo scegliere i due spazi più ampi, il Pro Photo RGB per i file provenienti dalle reflex, e l'ECI-RGB per la stampa, affidandoci a un intento di rendering soddisfacente per la conversione dei colori diversi da uno spazio all'altro. Fondamentale è elaborare a 16 bit, perché una profondità inferiore vanificherebbe tutti questi discorsi sui colori. Fondamentale sarebbe anche profilare noi stessi il nostro monitor, e la nostra stampante; in quest'ultimo caso ogni volta che si cambia carta e inchiostro, perché il profilo ICC della stampante è valido per una particolare combinazione stampante-carta-inchiostri (vedi più avanti).

Intenti di rendering.

Abbiamo visto che, quando i colori di due spazi differiscono, il sistema di gestione del colore deve sapere su quale principio basare la traduzione dei colori mancanti. Sono state definite quattro modalità standard: percettivo, colorimetrico relativo, colorimetrico assoluto, saturazione.

Percettivo.
Si tratta di un intento che ha per scopo quello di mantenere inalterata la percezione generale dell'immagine. Per farlo cerca di lasciare invariati i rapporti tra i colori. Se lo spazio di origine è più ampio di quello di destinazione, la gamma viene compressa per rientrare in quello di destinazione; in questo caso i colori risulteranno meno saturi e più chiari, ma con una percezione generale immutata. Se lo spazio di origine è più piccolo, i colori vengono rimappati uno a uno, e mantengono il loro aspetto originale. E' uno dei più usati.

Colorimetrico relativo.
Quando la conversione avviene da uno spazio più ampio a uno ridotto, il colore fuori gamma viene mappato su quello più simile nel nuovo spazio; questa rimappatura, però, avviene in relazione a quella del punto bianco, che, in un certo senso, guida quella di tutti i colori fuori gamma. Per evitare scollamenti eccessivi nella percezione dei colori, si usa se i due spazi sono molto simili, ed è inserito come default.

Colorimetrico assoluto.
Come per il colorimetrico relativo, quando la conversione avviene da uno spazio più ampio a uno ridotto, il colore fuori gamma viene mappato su quello più simile nel nuovo spazio, ma diversamente da questo non c'è la mappatura del bianco. Viene usata per simulare la stampa a monitor.

Saturazione.
In questo caso i colori fuori gamma vengono mappati lasciando inalterata la saturazione, la differenza visiva tra due colori, ma non la percezione, così che questi possono risultare pesantemente modificati. Non si usa in fotografia.

Creazione di profili.

Anche se esistono profili generici per ogni dispositivo, per una riproduzione del colore precisa dal monitor alla stampa è necessario creare i profili in proprio, perché anche tra esemplari dello stesso modello di dispositivo possono esserci differenze, per le inevitabili imprecisioni generate dalla produzione su larga scala, e comunque inevitabili. Cosa è importante profilare? In teoria le reflex possono essere profilate, ma il profilo si riferirà solo alle precise condizioni di luce nelle quali è stato fatto: in altre parole è utile solo in studio.

Profilare monitor.
Tra monitor e stampante è più utile partire dal primo, snodo tra file e stampa importante, perché è sul monitor che basiamo le modifiche da apportare al file. Sia Photoshop che i computer Mac possiedono utility per la creazione di profili a occhio. In internet si trovano anche consigli per il loro utilizzo. La gratuità è il loro punto forte, ma il nostro occhio non è uno strumento di precisione, è soggetto alle valutazioni del cervello, che possono essere ingannevoli.
Più precisi sono i pacchetti hardware e software appositamente studiati. Un sensore viene applicato sullo schermo, seguono delle impostazioni generali, come la temperatura di colore, la gamma e la luminosità, poi il software fa tutto da solo. I programmi spesso consigliano quali valori gamma e luminosità inserire, comunque 2,2 per la prima e 100-150 cd/m2 sono valori universali, a prescindere dalla marca di computer o monitor usati. Più soggetto al gusto è il punto bianco; chi scrive preferisce una tonalità non troppo calda, media. I prezzi sono ormai abbordabili, e con 100-150 euro si porta a casa un accessorio già utile. Naturalmente apparecchi più costosi sono più precisi e permettono molte personalizzazioni, ma per usarli bisogna essere in grado di conoscere le differenze tra queste regolazioni. Forse un'opzione utile sarebbe la possibilità di misurare la luce ambientale, quella della stanza dove si trova il monitor; ci possono essere anche molte differenze a seconda dell'ora del giorno, dunque anche elaborare a diverse ore può dare risultati che non riconosceremmo in altri momenti. Le alternative sono due: o si fa un profilo per ogni condizione di illuminazione della stanza, e si cambia profilo di volta in volta, ma è un processo macchinoso, o si stabilisce una condizione di luce che sarà fissa per ogni elaborazione, e in questo caso è meglio se scegliamo il buio, in modo da eliminare l'influenza delle mille sfumature che la luce sa assumere.

Profilare la stampante.
Ogni combinazione stampante-carta-inchiostri ha bisogno del suo profilo. Per crearlo si possono scegliere due strade. La prima è rivolgervi a un servizio di profilatura in internet, con un costo, per profilo, che varia da 50 a 100 euro, almeno stando a un'indagine superficiale da me condotta. La differenza nei costi è relativa alla qualità della vostra stampante e alla precisione richiesta. In teoria, però, a essere pignoli ci sono differenze anche tra una partita e l'altra dello stesso inchiostro, o della stessa carta, e si può desiderare di provare nel tempo carte diverse. Personalmente ne ho provate una mezza dozzina; se mi fossi rivolto a un servizio di profilatura ICC in internet avrei già speso una cifra vicina a un buon profilatore.
Questi ultimi sono apparecchi che analizzano il colore di un targhet stampato e lo confrontano con quello del software per rilevare le differenze e creare il profilo. Ne esitono vari modelli a seconda del numero di inchiostri della stampante, e di diverse marche. Non sono apparecchi economici, ma i modelli base sono forse più economici, sul lungo periodo, di un servizio in internet: tutto dipende da quante carte pensate di provare e da quanto volete essere pignoli.
Spero di essere stato chiaro; si tratta, comunque, di argomenti da approfondire in continuazione, se siamo appassionati di fotografia che vorrebbero ottenere stampe a prova di mostra o concorso.


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